Riciclabile, Compostabile, Biodegradabile

Riciclabile, Compostabile, Biodegradabile

Riciclabile, Compostabile, Biodegradabile

La crescente attenzione al rispetto del Pianeta e all’adozione di pratiche sempre più ecosostenibili porta le aziende a considerare l’aspetto green di tutte le soluzioni che impattano su produzione e confezionamento dei propri prodotti.

Questa necessità diventa sempre più importante nella scelta dei materiali da utilizzare e qui, entrano in gioco le terminologie che caratterizzano l’identificazione degli stessi: “riciclabile, compostabile, biodegradabile”: come si determinano le differenze?

La salvaguardia del pianeta e dei suoi abitanti, richiede l’implementazione di pratiche quotidiane legate alla corretta gestione del riciclo dei rifiuti a partire proprio dalla conoscenza dei termini che contraddistinguono queste azioni. Solo una adeguata conoscenza della terminologia tecnica apre la strada all’utilizzo di nuove soluzioni finalizzate alle nobili intenzioni sopra citate.

Comunemente ormai e sempre più frequentemente, si utilizzano termini come materiali biodegradabili, compostabili, riciclabili: diventa quindi strategico avere una maggiore conoscenza e consapevolezza di questi termini, comprendere quali siano le varie opzioni di smaltimento dei prodotti, in modo da selezionare e correttamente acquistare attrezzature, materiali e packaging.  Conoscere in anticipo il ciclo di smaltimento è essenziale per poter scegliere in modo consapevole come migliorare la propria produzione.

Materiale Riciclabile: In generale, il termine riciclabile viene spesso genericamente utilizzato per definire materiali e prodotti senza che vi sia un riferimento preciso e condiviso.

Nella realtà, un materiale riciclabile è un materiale di scarto che può essere utilizzato nuovamente in processi di produzione; in merito e tra le altre cose, la Direttiva 94/62/CE 17 riconosce la funzione sociale ed economica degli “imballaggi riciclabili” e riferendoci al packaging, lo stesso deve essere progettato per consentire il riciclaggio di almeno una percentuale dei materiali usati nel rispetto delle norme della Comunità Europea, in base a criteri specifici che riguardano tutte le fasi della vita dell’imballaggio, (il cosiddetto LCA – Life Cycle Assessment, l’analisi del ciclo di vita che valuta l’impronta ambientale di un prodotto o di un servizio).

Il “riciclaggio” di questi materiali è però possibile solo grazie a una corretta e consapevole operazione di raccolta differenziata dei rifiuti, che permette di trasformare questi elementi di scarto in una risorsa di “nuova vita”, riducendo così i materiali che finiscono nelle discariche.

Materiale Compostabile: Un materiale è considerato compostabile quando, dopo essersi degradato, viene trasformato in compost, una sostanza ricca di proprietà nutritive solitamente utilizzata come concime in ambito agricolo. Per essere classificato tale, il materiale, in base alla norma UNI EN 13432, deve risultare:

  • biodegradabile;
  • frantumabile, cioè costituito da frammenti di dimensioni inferiori a 2 mm;
  • libero da sostanze eco-tossiche;
  • povero di metalli pesanti e composti fluorurati;
  • con valori di pH, azoto, fosforo, magnesio e potassio al di sotto dei limiti stabiliti.

Sempre secondo la Normativa Europea, un prodotto può fregiarsi della dicitura “compostabile” se risulta biodegradabile nell’arco di soli 3 mesi e se supera i test di ecotossicità come prova che lo stesso non può esercitare alcun effetto negativo all’ambiente.

Materiale Biodegradabile: Il riconoscimento di biodegradabilità di un materiale avviene quando il suo rifiuto si decompone grazie all’azione di microrganismi e batteri, dell’irradiazione solare o di altri agenti atmosferici naturali. La degradazione può avvenire in due diverse condizioni:

Aerobica (in presenza di ossigeno): la sostanza prodotta è utilizzabile come fertilizzante o substrato in agricoltura e nel florovivaismo;

Anaerobica (in assenza di ossigeno): la sostanza prodotta, oltre che in agricoltura, può essere usata come combustibile gassoso.

Un materiale può essere definito biodegradabile quando, nell’arco di 6 mesi riesce a trasformarsi; questo significa che quel che resta del “rifiuto iniziale”, deve poter essere assorbito nel terreno sotto forma di acqua, anidride carbonica, sali minerali o altri elementi non nocivi al suolo.

Differenza tra compostabile e biodegradabile

Da quanto sopra, si evince che un “rifiuto”, per essere definito compostabile, deve essere inevitabilmente biodegradabile ma, attenzione, un materiale biodegradabile non è necessariamente compostabile perché, ad esempio, potrebbe non frantumarsi a sufficienza durante un ciclo di compostaggio.

Inoltre, la differenza principale tra le due tipologie di materiale (compostabile – biodegradabile) risiede non solo nella velocità di degradazione, ma anche nella completa atossicità e nella sua composizione chimica: questo identifica che ciò che è compostabile torna alla terra come sostanza nutritiva sotto forma di compost, mentre il biodegradabile torna alla natura sotto forma di sali minerali e altri elementi semplici.

Chiarita la terminologia, possiamo ora correttamente decidere la tipologia di materiali da utilizzare nella progettazione di nuovi prodotti/packaging, ponendo la massima attenzione non solo al risparmio di materia prima, ma anche alla possibilità di creare soluzioni 100% ecosostenibili.

In caso di interesse, EVi ha la possibilità di proporre le diverse tipologie di materiale sopra descritto con la disponibilità allo studio e relativa personalizzazione del progetto finale.

Per info: info@evi-italia.com

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